Secondo S.Tommaso le prove, o meglio le “vie”, per dimostrare l’esistenza di Dio sono cinque:
- Il movimento (il motore immobile).
- Il rapporto causa/effetto (la causa incausata).
- La contingenza (l’essere necessario).
- I diversi gradi di perfezione (l’essere perfettissimo).
- Il fine (l’intelligenza ordinatrice).
Questo lo sappiamo con relativa certezza, perché è S.Tommaso stesso a dichiararlo e ad elencarle.
In Aristotele la cosa è più complessa, perché egli non si preoccupa di farcene una elencazione, ma le elabora nel corso delle sue argomentazioni, talora semplicemente come abbozzi, dichiarazioni od enunciazioni.
Aristotele, infatti, non ha scopi apologetici; non è particolarmente religioso e giunge alla prova dell’esistenza di Dio al termine di un lungo cammino speculativo, nel corso del quale le argomentazioni a favore dell’esistenza di un primo motore vanno man mano formandosi nello svilupparsi del ragionamento. Pertanto le prove dell’esistenza di Dio in Aristotele vanno cercate qua e là all’interno dei suoi libri, e non solo nella Metafisica.
In questa brevissima (per la complessità e ricchezza dell’argomento) trattazione cercheremo di provare che Aristotele non solo è l’origine di tutte e cinque le prove di Tommaso, da lui espressamente elencate, ma lo è anche di quella che va sotto il nome di prova ontologica, che conosciamo nelle versioni di Anselmo o di Cartesio, e che lui anticipa in forme diverse e, come sempre, brillanti.
Individuiamo in Aristotele ben 10 diverse argomentazioni che conducono a Dio, che suddividiamo in 5 grandi famiglie: considerazioni generali; l’ordine dell’universo; il movimento o divenire; le qualità; le prove ontologiche.
I – Considerazioni Generali: primo argomento.
- Primo argomento: impossibilità del procedimento all’infinito.
Nel secondo libro della Metafisica, Aristotele dimostra l’impossibilità logica di concatenare un infinito numero di cause o principi per giungere alle origini degli avvenimenti attuali.
Questa impossibilità ha una duplice valenza: temporale e logica. Non è possibile sviluppare nel tempo una catena infinita di eventi l’uno causa dell’altro (se non altro perché, partendo da un punto infinitamente lontano, mai si giungerebbe ad oggi), ma questa impossibilità vale anche e soprattutto per una catena di argomentazioni anche solamente logiche.
Questo argomento rappresenta in realtà la chiave di tutte e cinque le prove di Tommaso: ogni concatenazione, di cause, di fini, di perfezioni o di contingenze deve avere un termine ultimo che ponga fine alla catena, e questo termine è Dio.
A questa impossibilità si è pensato di opporre la possibilità di una catena chiusa, ad anello, in cui, ad esempio, una causa sia causata da un evento a sua volta provocato dagli effetti della prima. A tale obiezione si risponde che in tal caso il Principio primo è l’insieme dei principi che si auto sorreggono vicendevolmente.
Inoltre, che esista un principio primo e che le cause degli esseri non siano né una serie infinita (nell’ambito di una stessa specie), né un numero infinito di specie è evidente…
Infatti quando si tratta di termini intermedi e che si trovano tra un ultimo e un primo, è necessario che il primo sia causa di quelli che seguono…
Cosicché, se nulla è primo, non c’è affatto causa.
Aristotele, Metafisica, II 2, 994 a, 0-5, 10-15.
La dimostrazione aristotelica prosegue per un intero paragrafo, con varie argomentazioni, ma quello che è interessante è che egli la applica esplicitamente a tutti i quattro tipi di causa da lui considerati: materiale, formale, finale e del movimento.
In tal modo si apre contemporaneamente la strada a ben quattro prove dell’esistenza divina:
- Materiale: deve esistere una materia prima da cui si origina ogni altra, ovvero una origine prima della materia;
- Formale: deve esistere una prima forma originaria, ovvero una origine prima delle forme;
- Finale: deve esistere un primo principio cui tutto tende;
- del Moto: deve esistere un motore immobile.
Per quanto riguarda la prima prova, quella materiale, immaginiamo già le obiezioni degli interpreti tradizionali di Aristotele: la materia non deriverebbe da Dio, né gli apparterrebbe in alcun modo, visto che Egli è pura forma. Personalmente ho già scritto che non condivido questa opinione: secondo me è abbastanza chiaro che per Aristotele la materia è riducibile alla stessa forma, non essendo altro che forma “congelata”, in potenza. D’altro canto questa spiegazione è l’unica che rende Aristotele coerente con se stesso, quando afferma, e lo fa più volte e in varie parti delle sue opere, che il Principio è uno.
Vi è inoltre un ulteriore aspetto incredibilmente interessante: il procedimento all’infinito non è possibile neppure per la definizione (ogni definizione è formata di termini, che possono a loro volta essere definiti, ma questo non può andare all’infinito). Questa impossibilità porta facilmente ad una forma di prova ontologica dell’esistenza di Dio, cioè ad una prova dell’esistenza di Dio tratta dalla sola attività mentale, senza elementi empirici. Infatti questo comporta l’esistenza di una sostanza prima, non altrimenti definibile se non in se stessa, e questa non può essere che Dio.
II – Ordine dell’universo: secondo e terzo argomento.
- Secondo argomento: organizzazione teleologica della natura
In svariate, si potrebbe dire infinite, parti della sua opera, Aristotele sottolinea l’organizzazione teleologica, cioè subordinata al raggiungimento di fini, di obiettivi predeterminati, della Natura.
Egli stesso, poi, ci dice (vedi paragrafo precedente) che questo comporta l’esistenza di una causa finale originaria, che costituisce il fine ultimo di tutti i processi del divenire.
Nelle opere della natura non si trova ciò che è per caso, ma ciò che è per qualcosa, e in massimo grado: e il fine per cui sono costituite o sono generate occupa la regione del bello…
Aristotele, Le parti degli animali, I, 5,645 a 24-26.
Possiamo stabilire che tutto ciò che è generato rettamente è generato in vista di un fine e ciò che è generato in modo bello è generato rettamente.
Aristotele, Protreptico, fr 11.
Che le cose che sono secondo natura sono in vista di un fine appare del tutto ovvio negli animali diversi dall’uomo, i quali non operano né per arte, né dopo avere cercato o preso una decisione.
Aristotele, Fisica, II, 8, 199 a 20-31.
…il fine di ogni cosa è il bene, e, in generale, nella natura tutta, il fine è il sommo bene.
Aristotele, Metafisica, I, 2, 982 b, 6-7.
A ragione si è affermato che il bene è ciò cui ogni cosa tende.
Aristotele, Etica Nicomachea, I, 2, 1094 a 18-24.
E’ facile argomentare, anche in vista della conclusione del libro XII, che questo sommo bene si identifichi per Aristotele con Dio.
- Terzo argomento: ordine dell’universo.
L’universo, il mondo, la natura sono ordinati, e l’ordine presuppone un ordinatore. Questa prova è spesso unificata con la precedente, ma è leggermente differente: un conto è pensare che tutto proceda tendendo a un fine, un conto è semplicemente rilevare un ordine nelle cose, indipendentemente da qualsiasi fine: anche un darwiniano, che rifiuta l’esistenza di un fine nelle cose, non può rifiutarsi di considerare che esse risultino ordinate, e non caotiche. Egli però afferma che questo ordine scaturisce dal caso, cosa che Aristotele reputa impossibile.
Alcuni, poi, postisi di fronte al movimento immutabile e ben ordinato dei cieli, dicono che ne ha avuto origine in primo luogo la nozione degli dei.
Se uno infatti sul monte Ida nella Troade, avesse visto l’esercito dei Greci avanzare in pianura con grande ordine e nella sua disposizione “prima i cavalieri, con carri e cavalli, dietro i fanti”, sarebbe comunque giunto all’idea che esiste qualcuno che dispone tale ordine, qualcuno che comanda i soldati a lui sottoposti, ad esempio Nestore o un altro degli eroi, che sapeva “porre in ordine cavalli e uomini armati di scudo”.
E l’esperto di navi, scorgendo da lontano una nave che segue il vento favorevole e si prepara bene con tutte le sue vele, capisce che c’è qualcuno che la governa e la conduce a porti stabiliti.
In questo stesso modo, quelli che guardarono per la prima volta al cielo e contemplarono il sole che compie il suo corso dall’alba al tramonto, e talune danze ben ordinate delle stelle, cercarono l’artefice di questo ordinamento bellissimo, ritenendo che non provenisse spontaneamente da se stesso, ma da una natura migliore e incorruttibile, che era dio.
Aristotele, Sulla Filosofia, fr. 12 b.
E come potrebbe esserci un ordine, se non ci fosse un essere eterno, separato ed immutabile?
Aristotele, Metafisica, XI, 2, 1060 a 26-27.
Infatti, il bene dell’esercito sta nell’ordine, ma il bene sta anche nel generale, anzi più in questi che non in quello, perché il generale non esiste in virtù dell’ordine, ma l’ordine in virtù del generale.
Aristotele, Metafisica, XII, 10, 1075 a 11-15.
Le cose non vogliono essere governate male, “il governo di molti non è buono, uno solo sia il comandante”.
Aristotele, Metafisica, XII, 10, 1076 a 3-4.
III – Divenire e movimento locale: quarto e quinto argomento.
- Quarto argomento: esistenza del movimento
Col termine di movimento Aristotele intende qualsiasi trasformazione, qualsiasi divenire, oltre al movimento locale. Il movimento implica la necessità di un primo motore.
Ma poiché tutto ciò che è in movimento necessariamente è mosso da qualcosa, nel caso in cui una cosa sia in movimento e sia mossa nello spazio da qualcosa, che è a sua volta in movimento, e che di nuovo è mossa a sua volta da qualcosa che è in movimento, e quella da un’altra e così all’infinito: vi deve essere allora necessariamente qualcosa come “primo motore”, e non si deve procedere all’infinito.
Aristotele, Fisica, VII, I, 242 a 50-55.
Il primo motore muove come ciò che è amato, mentre tutte le cose muovono essendo mosse… E’ un essere che esiste di necessità; e in quanto esiste di necessità, esiste come Bene, e in questo modo è Principio.
Aristotele, Metafisica, XII, 7, 1072 b 3-11.
- Quinto argomento: il divenire e l’eterno
L’esistenza del divenire (nel tempo) implica l’esistenza dell’eterno.
Se non esistesse qualcosa di eterno, neppure il divenire sarebbe possibile. Infatti è necessario che ciò che diviene sia qualcosa, ed è necessario che sia qualcosa anche ciò da cui esso deriva e che l’ultimo di questi termini non sia generato, dal momento che non è possibile un processo all’infinito e dal momento che dal non-essere è impossibile che si generi qualcosa.
Aristotele, Metafisica, III, 4, 999 b 5-8.
IV – Le qualità e le perfezioni: sesto argomento.
- Sesto argomento: il bene ed il meglio
L’esistenza di cose migliori di altre implica l’esistenza dell’Ottimo.
Ove una cosa è migliore di un’altra, c’è n’è anche una migliore in assoluto. Ora, poiché nella realtà l’una è migliore dell’altra, ce n’è dunque una migliore in assoluto, che può ben essere il divino.
Aristotele, Sulla Filosofia, fr. 16.
V – Le prove ontologiche: settimo, ottavo, nono e decimo argomento.
Con ontologica intendiamo una prova che deriva dalla natura stessa di Dio, così come pensato, e che non necessita di alcuna considerazione empirica, ma che si svolge nel solo pensiero.
Due sono le prove di tale natura, storicamente riconosciute: quella di S.Anselmo (il concetto di Dio, essere perfettissimo, implica la sua esistenza) e quella di Cartesio (l’idea esistente nella nostra mente della infinita perfezione di Dio non può essere originata da un essere imperfetto come noi, ma solamente da Dio stesso).
Anche la prova di S.Tommaso, che trova la necessità di Dio contrapposta alla contingenza di ogni altro essere, può in realtà venir considerata una prova ontologica, in quanto originata da un ragionamento puro (per essere contingente è sufficiente la considerazione di noi stessi, senza ricorso al mondo esterno).
Aristotele elabora o prefigura almeno quattro diverse prove di questa natura: legate alla possibilità della definizione, della conoscenza, della ragione e alla natura stessa del pensiero autocosciente.
- Settimo argomento: la definizione
La possibilità di definire gli oggetti togliendoli da una identità solitaria ed indistinta, dove ogni cosa esiste di per se stessa senza alcun collegamento con altre, necessita di un principio primo, che sarà anche il principio primo della Forma.
Ma neppure la definizione dell’essenza si può ricondurre all’infinito ad un’altra definizione sempre più ampia nell’enunciazione. Infatti, la definizione prossima è sempre definizione a titolo maggiore, mentre non lo è l’ultima. E quando, in una serie di definizioni, la prima non è definizione dell’essenza, non lo sarà neppure la successiva.
Aristotele, Metafisica, II, 994 b 15-20.
- Ottavo argomento: la conoscenza
Il procedimento all’infinito renderebbe impossibile, assieme alla definizione, anche la conoscenza.
E’ necessario un oggetto della conoscenza primo ed indivisibile, cioè Dio.
…infatti non si può possedere il sapere prima di aver raggiunto ciò che non è più divisibile. E non sarà possibile neppure il conoscere: infatti come è possibile pensare cose che sono infinite in questa maniera…
Aristotele, Metafisica, II, 994 b 20-23.
- Nono argomento: la ragione
Senza un Principio superiore non è spiegabile neppure la ragione umana.
E’ chiaro: come nell’universo il principio del movimento è dio, così lo è nell’anima.
In un certo qual senso, infatti, il divino muove tutto in noi: principio della ragione non è la ragione, bensì qualcosa di superiore.
Ma cosa può mai essere superiore tanto alla scienza, quanto all’intelletto, se non dio?
Aristotele, Etica Eudemia, VIII, 2, 1248 a 26-29.
- Decimo argomento: il Pensiero autocosciente
Dall’analisi interiore della autocoscienza dell’Io, scaturisce l’idea di Dio di Aristotele, idea che caratterizzerà l’intero pensiero occidentale e cristiano.
L’Io infatti si coglie come una capacità di percepire, che è innanzitutto percezione di se stesso, di questa stessa capacità: da tale percezione scaturisce l’idea di Dio come Pensiero di Pensiero.
Ora, il pensiero che è pensiero per sé, ha come oggetto ciò che è di per sé più eccellente, e il pensiero che è tale in massimo grado ha per oggetto ciò che è eccellente in massimo grado. L’intelligenza pensa se stessa, cogliendosi come intelligibile: infatti, essa diventa intelligibile intuendo e pensando sé, cosicché intelligenza ed intelligibile coincidono.
L’intelligenza è, infatti, ciò che è capace di cogliere l’intelligibile e la sostanza, ed è in atto quando li possiede. Pertanto, più ancora che quella capacità, è questo possesso ciò che di divino ha l’intelligenza; e l’attività contemplativa è ciò che c’è di più piacevole ed eccellente.
Aristotele, Metafisica, XII, 7, 1072b, 18-24.
Effettivamente Aristotele, su qualsiasi argomento, lascia ai posteri la sola scelta di copiarlo o di contraddirlo: essere originali, mai.