la sponda occidentale del lago d’Idro

Il lago è costeggiato ad occidente da tre catene, variamente disposte:

1) da Sud, tra Idro ed Anfo, con inclinazione NNE, corre la dorsale Dosso Sassello (1006m), monte Canale (978m), cima Paghere (1125m).

2) da Nord, tra Ponte Caffaro ed Anfo, ma con decisa inclinazione verso SO, la catena monte Suello – monte Breda (1503m)- cima dell’Ora (1539m)

3) unisce le due catene principali la breve dorsale monte Censo (1012m) – monte Valcaelli (1374m), che da Anfo sale verso NO fino a congiungersi con cima dell’Ora.

Da Anfo, a dividere il primo gruppo dagli altri due, sale la strada del Baremone, che porta al passo Maniva, e che isola, a sè stante, il gruppo del Meghé (1801m)

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monte Breda e Forte di Cima dell’Ora (1503m-1535m): Il monte Breda (1503m) è la cima più elevata, prima di cima dell’Ora, della breve catena che costeggia a Nord-Ovest il lago d’Idro, tra la strada per Bagolino a Nord-Est e quella Anfo-Maniva a Sud-Ovest. Questo percorso, ad anello, sale da Nord-Est alla cima, passando per il monte Suello (1012m), carico di Storia, per la battaglia dei Garibaldini nella III guerra d’Indipendenza, raggiunge poi, proseguendo verso Sud-Ovest, il Forte di Cima Ora (1535m) e scendendo infine a Bagolino in località p.te Romanterra, da cui si torna per strada al punto di partenza.

Si parte dalla strada di Bagolino, dove questa gira decisamente a sinistra, per scendere verso il paese, ed incontra delle condotte forzate, sulla sinistra. Qui si prende una scala di cemento (ben indicata), che porta al sentiero che segue tutta la cresta, dapprima stando sulla destra, in fine sulla sinistra, con un lungo traversone su prati vertiginosi a picco sul lago, e raggiunge la vetta del monte Breda. (vedi una descrizione dettagliata qui). Proseguendo dopo il monte, si raggiunge, per comoda mulattiera militare, il Forte di Cima dell’Ora, con le ampie piazzole per i mortai da 149mm, che merita una lunga visita.

Dal Forte, subito sotto, senza scendere alla strada Anfo-Maniva sottostante, si prende un sentierino segnato che scende velocemente nel bosco verso Nord, fino a Bagolino, p.ta Romanterra. Si torna al parcheggio seguendo la strada asfaltata.

monte Censo e Croce Gatolé. (1012m-1240m). Il monte Censo (1012m) è la cima il cui costone orientale che cade nel lago sostiene le fortificazioni della Rocca d’Anfo, fortezza di origine veneziana, ricostruita da Napoleone e che costituiva prima linea nel 1915, quando il fronte balzò in avanti sulla linea Daone-Ledro. Vista da Nord appare come una perfetta piramide. Essa è però l’inizio di una lunga fortificazione, costituita da trincee, postazioni e spiazzi per artiglieria, che si prolunga verso Nord-Ovest fino al monte Cereto-Chetoi (926m), dove posizionavano due pezzi da 149mm, e prosegue su un erto e lungo costone (costone Gatolé), percorso da un altrettanto erto sentiero, fino ad una bella Croce ed alla capanna Gatolé, riattata a bivacco dagli Alpini locali. Più su vi è la vetta di cima Valcaei o Valcaelli (1374m), che termina la lunga costa, ridiscendendo alla Cuca del Frine (1290m), da dove poi si risale a cima dell’Ora, con il possente Forte in cemento.

Attraversato da Sud l’abitato di Anfo, a mezzo lago, a metà della salita che esce dal paese si gira bruscamente a sinistra per prendere la strada del Baremone-Maniva, che si segue per circa un km fino alla chiesetta di S.Petronilla (529m), dove si parcheggia (se fortunati o mattinieri). Qui parte il sentiero, ben segnato e ben tracciato, per la cima Censo. Lo si risale fino alla bella Croce, che dista meno di 50m dall’ampia vetta. Poco sotto l’arrivo, ben segnato, il sentiero per Chetoi e per cima Ora. Ridiscesi dalla vetta, lo si prende e si perdono, con bei tonanti, circa 100m di quota, per poi proseguire pianeggianti alla Cuca Chetoi (Cuca=goletto, valico), dove si può, con breve risalita, visitare i resti delle fortificazioni. Sotto il valico corre la strada asfaltata, che, risalendo da S.Pretronilla, vi ha qui preceduto. Dopo 50m di strada (890m), a dx parte il sentiero Gatolé, per un breve tratto veramente scomodo, trattandosi di una variante disegnata dallo scortese proprietario del valico, per evitare i passanti sull’uscio; poi il sentiero riprende più dolcemente a risalire tra trincee e postazioni, con qualche tratto più erto, fino a raggiungere una bella Croce (1240m circa) e poi il bel bivacco alpino (1260m), formato da due costruzioni e aperto (varie bottiglie di grappe di varia qualità e di vari livelli). Dietro, due bei punti panoramici da cui cadere in preda alle vertigini. Tornati un poco sui propri passi, si prende un sentiero, parte in lieve discesa e parte in lieve salita che, procedendo verso Ovest, riporta alla strada asfaltata. Sia dalla parte Gatolè, sia a questo punto, si trova il percorso di salita a cima Valcaelli (1374m) – si sale da una parte e si scende dall’altra- che noi abbiamo evitato. Poi la lunga discesa sull’asfalto, abbreviata solo da un sentiero che, dopo il passo Chetoi, superato il sottostante torrente, parte a sn e ridiscende la valle fino a riprendere la strada più sotto.

Al rifugio Rosa al Baremone. La prosecuzione naturale del percorso descritto sopra è il raggiungimento del forte di Cima Ora (vedi primo percorso), a 1535m. Giunti sulla strada asfaltata dopo il bivacco Gatolè, si prosegue in salita sulla strada per 200m circa, fino a trovare sulla destra le frecce per il Forte e varie altre località (vedi foto). Da qui un bel sentiero sale a tornanti fino alla meta agognata. Noi, ripetuto il percorso del Censo-Gatolè in altra data (metà febbraio), avendo imboccato correttamente il sentiero per il Forte nella neve, ma non conoscendolo, al primo tornante a destra abbiamo proseguito diritti per invitante traccia, giungendo al passo del Maré (1401m), dove sorga il rifugio Rosa al Baremone. Da qui, con due km di riposante percorso nella neve alta mai battuta da piede umano, avremmo potuto raggiungere la meta originaria. Sembrandoci troppo facile, abbiamo rinunciato, dopo un breve tentativo di partenza, e ci siamo accomodati sulla panchina sotto una bella Croce di legno scolpito. Alla prossima…

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da Rosa al Baremone per la vecchia mulattiera. La strada che sale da Anfo al Baremone, e da qui al Maniva, è fiancheggiata dalla vecchia mulattiera, che permette di salire e scendere in modo più rapido e più piacevole del lungo percorso sull’asfalto. Purtroppo questa via non è più battuta, e pertanto neppur segnata o segnalata, e, anche se quasi sempre larga e ben percorribile, presenta alcuni passaggi franati od ostacolati da piante cadute. Nulla di particolarmente difficile. La via parte su una curva a sn, prima del tornate delle Tese (vedere mappa GPS), ma noi, conoscendo già il primo tratto, che abbiamo percorso varie volte in discesa, siamo saliti dopo le Tese di Sotto, per circa un km, fino ad uno spiazzo sulla sn dove si può parcheggiare, prima della curva a dx che sale al passo Cereto-Chetoi. Qui, parcheggiati, si ritorna per una decina di metri indietro, e si trova l’imbocco della mulattiera. Dopo qualche centinaio di metri, il sentiero risulta franato, è vi è un passaggio delicato (specie con ghiaccio, come si è presentato a noi). Conviene tornare di poco indietro, scendere nel letto del torrente sulla dx e aggirare così la difficoltà (si trova poi una traccia che riporta sulla mulattiera). Il percorso attraversa nel primo tratto più volte la strada asfaltata, tagliandone i lunghi meandri. Ogni volta lo si riprende sul tornante destrorso della strada. Alla fine si sbuca nel prato della cascina Fontanafredda, dove la strada passa appena sotto. Qui si sale fino alla prossima cascina, ben tenuta, cento metri più sopra. L’imbocco della mulattiera è qui ben visibile, sulla dx, ma subito dopo (50m, evitato il primo sentiero a sn) si incontra un bivio: andando diritti si sale alla strada poco sopra; girando, invece, a sn si percorre la lunga valle che scende dal passo Baremone, stando dapprima sulla destra, poi sulla sinistra del torrente, ed infine tornando a dx e, dopo un traversone quasi piano, riprendere l’asfalto appena sotto i due ultimi tornantini prima del passo. Nell’ultimo tratto ben cinque grandi faggi caduti quasi l’uno addosso all’altro, di traverso al sentiero, costringono a qualche ginnastica non particolarmente difficile. Sul percorso, prima dell’ultimo tratto a dx, una bella sorgente.

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dosso Sassello (1006m). La catena di monti che va da Idro ad Anfo affacciandosi sul lago è di modesta altezza, ma non di banale aspetto. Infatti cade a picco sul lago, mentre dalla parte occidentale scende bruscamente, ricoperta da fitti boschi. Le cime principali sono due: a Sud il dosso Sassello, che cade a picco su Pieve di Idro, e la cima Paghere (1125m), che svetta a Sud-Ovest di Anfo, con la Croce dei Minatori (1000m circa), su di un poggio a Nord della vetta. Si può percorrere tutta la cresta, disponendo di due vetture, oppure effettuare un giro più breve approfittando di un valico, il passo di Costa Verde (922m), tra le due alture, raggiungibile dalla località di Tre Capitelli (Capitello=Santella: vi è una santella con tre fornici), a metà strada tra Idro ed Anfo. Nel tratto settentrionale, dopo il passo di Costa Verde, vi sono tratti esposti, che necessitano di sangue freddo, piede fermo, denti di lupo, zampe di cicogna. Trovandomi da solo, soffrendo di una noiosa tendinite che non vuol guarire ed avendo trovato i sentieri in ombra ricoperti di neve ormai ghiacciata, ho scelto un giro breve, evitando la cima Paghere, che era in programma (e pentendomi subito dopo, ma troppo tardi). Ai Tre Capitelli, trovato da parcheggiare, si prende la via Sasel, dove si trovano i cartelli indicatori e la si segue fino al primo tornante a sn, dove si esce a destra su viottolo cementato. Dopo poco il viottolo cessa e divien sentiero che sale nel bosco, sempre piuttosto erto. Gli ultimi, brevi tornanti sono erti, lisci ed un poco esposti (e per di più ghiacciati, quando sono passato io). Al passo ho girato a sinistra (dopo un brevissimo escursus verso Nord, per fotografare il percorso), e, dopo un non lungo tratto nel bosco innevato, sono giunto di fronte all’anticima Sud del dosso (la cima è invasa da arbusti, e non vale salirvi), dove sorge una bella Croce e vi è una comoda panchina per ristorarsi delle non eccessive fatiche. Impressionante il salto su Idro sottostante. Poco prima della cimetta, il sentiero gira a destra e scende, prendendo poi la cresta Sud, verso Lavenone, fino ad un bel roccolo a Coste della Pieve (800m). Alla fine, comunque, si gira a sn e si scende su Idro. Prima di giungervi, un viottolo verso sn mi ha permesso di abbandonare il sentiero segnato, che giunge proprio di fronte alla Pieve d’Idro, e guadagnare circa 500m di strada asfaltata, scendendo sulla provinciale un tratto più avanti e abbreviando il ritorno ai Tre Capitelli (questo tratto fu decisamente il più pericoloso della giornata, visto i camion che ti sfrecciano sulle maniche).

valle delle Tese e malga Zeno (1478m). Dalla strada del Baremone, che da Anfo sale al Maniva, a circa 700m di quota, dopo un tornante a dx, dove si può parcheggiare, si stacca sulla sn una strada agro-silvo-pastorale che sale dalla località Tese di sotto a quella di Tese di Sopra, ma poi prosegue bellamente fino a 1300m, sbucando sulla spalla del costone che delimita la valle di Anfo da quelle che salgono da Lavenone (valle di Canale e valle dell’Abbioccolo. Giunti al culmine della salita, e superato lo spartiacque, dopo una breve discesa la strada si divide: a sn, gira decisamente, seguendo le opere di consolidamento del torrente che scende su Lavenone (fosso Zen) e, dopo un breve tratto di sentiero, raggiunge la strada che sale per la val Canale. A dx, invece, riprende a salire più dolcemente fino ad arrivare sotto il passo Zeno (1455m), dove sale con bei tornanti. Qui è possibile, girando a sn, raggiungere la m.ga Zeno (1478m) e poi la cima della Corna Zeno (1612m) ; a dx del passo, un sentiero aggira ad Ovest il Meghè e raggiunge la strada del Baremone a m.ga Spina (1485m). In questa breve passeggiata geriatrica ci siamo limitati (causa neve) ad una esplorazione fin sotto il p.sso Zeno, per poi raggiungere alcuni bei roccoli nelle vicinanze: località magnifiche, con squarci di paesaggio sul lago e sulle cime circostanti.

valle delle Tese: cerve sotto il Meghè. Intenzionati ad un breve giro verso malga Zeno, per il percorso delle Tese, descritto qui sopra, ci siamo incuriositi al bivio a destra per Gino alle Groste, subito dopo i 1100m di quota. Una bella strada privata porta, quasi in piano, a tre successive casette ben tenute, delle quali quella di Gino è la mediana. L’ultima, circondata da cancelli e reticolati, è preceduta da un grande roccolo, saliti oltre al quale per l’evidente spalla del monte, dopo una serie di ameni slarghi, si trovano due capanni, l’un sopra l’altro, e, quindi, si prosegue fin sotto le rocce a strapiombo del Meghè, che ci sovrasta (1350m). Quale sorpresa! Nell’ampia conca semiboschiva, sulla sn, corrono branchi di cerve, che si allontanano a raggiungere il costone più ad ovest, dove si trovano i roccoli di cui parlavamo nel trafiletto qui sopra. Al ritorno, dietro la casa troviamo una bella mulattiera, non segnata sulle carte, che scende verso il fondo del vallone delle Tese. Potrebbe scendere alle Tese, ma anche salire da Rosa al Baremone. Non la seguiamo, per prudenza (non vogliamo rischiare di tornare indietro), ripromettendoci una successiva esplorazione.

a cima Paghere (1125m) da Lavenone, con periplo della val Canale. Questa cima è talora chiamata Paghera, talaltra Paghere, forse perché consta di due cime di uguale altezza, poste sulla direttrice Nord-Sud. Giudico questo percorso migliore di quello tradizionale, che da Idro porta ad Anfo-S.Petronilla (o vicecersa), perchè non comporta tratti su strada asfaltata. Si viaggia sempre su sentieri segnati, salvo il tratto che dal fondo della val Canale, appena partiti da Lavenone, porta ad incrociare il sentiero che sale da Idro al Sassello. Se guardate sulla mappa GPS, vedrete che lo ho indovinato quasi tutto, salvo alla partenza. Una volta incontrato il sentiero segnato, si prosegue per dosso Sassello (980m), monte Canale (si passa a fianco), passo di Costa Verde ((922m), cima Paghere (1125m), Cocca Alta (1105m), Cocca Bassa (1030m), malga Marmentere (1030m), ed infine ritorno a Lavenone per bella carrareccia bianca.

Attraversato il paese di Lavenone, in fondo alla discesa che va verso Idro, dove la strada gira a destra, di fronte parte una stradina cementata, con tornante a sn. Si può parcheggiare appena sotto. Presa la strada, la si segue fino a ché divien quasi piana e, poco prima di giungere alle pareti delle falesie dei Nibelunghi (momentaneamente assenti), si incontra un sentierino a dx, contrassegnato da un macigno nel mezzo, dieci metri più in su. Lo si prende e lo si segue fin nel bosco, dove un poco si perde. Qui si continua per la max pendenza, rimanendo dentro o nei pressi del fondo del valloncello, fino a ché il sentiero si stacca sulla destra, con un lungo traversone, a volte anche pianeggiante. Alla fine, con uno strappo in su, si giunge su di un costone, che si segue verso sn, su bella e chiara traccia, fino a raggiungere il sentiero segnato. Da qui fino al passo di Costa Verde si va tranquilli, con qualche minima attenzione per brevi passaggi. Dopo Costa Verde inizia un tratto un poco alpinistico, con due canalini verticali e due traversoni in diagonale, un poco esposti. Niente di difficile per i soliti muniti di piede fermo, denti di lupo e zampe di cicogna (non guasta anche l’occhio d’aquila), perchè gli appoggi son sempre belli e gli appigli solidi e abbondanti. Usciti da questo tratto (20min), poi il percorso divien tranquillo, basta stare attenti ai segni (noi abbiamo sbagliato strada dopo il roccolo alla prima Cocca, andando dritti e salendo dove si deve prendere a sn in piano. Ma siamo tornati indietro sani e salvi. A Cocca Bassa si prende il sentiero leggermente a sn, verso malga Marmentere, che si raggiunge, una volta intersecata la strada della val Canale, girando a dx e risalendo per breve tratto. Alla fine si torna a Lavenone scendendo per la comoda strada della val Canale.

a m.ga Zeno (1478m) con ritorno da Cocca bassa (1030m). Saliti a m.ga Zeno con il percorso delle Tese (vedi sopra), siamo scesi in breve tratto al passo Zeno (1450m). Il luogo è bellissimo, con un panorama superbo, che merita una salita solo per quello. Dal passo partono tre percorsi, oltre alla strada per la malga, subito terminata. Verso Sud si sale al Corno Zeno (1612m); verso Ovest si scende a m.ga Casina Vecia (1231m), da dove si può aggirare il Corno per dosso Falcone (913m) e scendere quindi a Lavenone per strada carrareccia; verso Nord si sale lungo un costone verso cima Meghè (1801m), ai piedi della quale il sentiero si divide: diritti si sale al Meghè, a sn lo si aggira e si giunge a m.ga Spina, sulla strada del Baremone. Sorprendentemente, al passo nessun cartello indica alcuna direzione, mentre pochi metri sopra un cartello indica il sentiero per m.ga Casina Vecia, che scende precipite nel bosco, segnato di fresco. Gli altri percorsi non sono indicati. Avevamo una mezza intenzione di salire al Corno, ma la neve ancora alta e la mancanza di alcun segnale ci hanno fatto rimandare. Pertanto siamo saliti verso il Meghè sull’evidente costone, trovando solo in alto qualche segno vecchissimo. Giunti quasi al bivio per il Meghè, che non intendevamo salire, siamo ridiscesi per il costone più a Est, che scende su alcuni roccoli già visitati nel giro precedente, e da lì alla strada delle Tese. Girati a destra, siamo scesi alla malga Marmentere (1030m), per bel sentiero tra le rocce incombenti, e da lì alla Cocca Bassa, per il sentiero descritto nella passeggiata appena sopra, percorso al contrario. Alla Cocca abbiamo preso il sentiero che scende ad Anfo -Tese basse, ben segnato e tracciato. Giunti a dieci metri dal torrente Re, non si sa come scendere, salvo accorgersi che si deve girare verso sn e risalire per 50m in piano, fino a trovare il punto di discesa. Con la poca acqua di questi giorni il guado è stato elementare. Si risale alla strada asfaltata girando a sn per viottolo che aggira le abitazioni della località Tese basse.

monte Pizza (1410). Con percorso ad anello. Questo monte è in realtà l’ultimo picco roccioso di una dorsale che scende dal Dosso Alto su Bagolino, su cui cade a picco. Vi è stata posta una bella Croce, e questa lo fa assurgere al ruolo di monte vero e proprio. Vi si sale da due opposti sentieri, entrambe da giudicarsi per EE (non per turisti, come indicato su di un sito), perché sconnessi, scivolosi ed oggettivamente pericolosi, nell’ultimo tratto. Comunque ben segnati e tracciati ed anche ben attrezzati, specie quello più difficoltoso che sale da Sud e, nell’ultimo tratto, da Est.

Abbiamo seguito un percorso che sale da Ponte Romanterra per il versante Sud e scende a ponte di Selva per il versante Nord. In realtà è possibile effettuare lo stesso percorso partendo ed arrivando a Ponte di Selva, perché da lì parte un percorso segnato (vedi penultima foto) che porta ad incontrare quello da noi percorso all’incrocio delle immagini 8 e 9.

Il percorso effettuato parte da Ponte di Romanterra, sale per la strada della Val Berga – Dosso Alto fino a circa 1000m. Qui, su di un tornante sinistrorso, prosegue in piano sulla destra verso Cuchet-monte Pizza. Poco oltre, superato il sentiero che scende a destra per la palestra di roccia dell’Ortighera, trova la deviazione a sn per il Pizza. (Se si proseguisse per Cuchet, si scenderebbe a Ponte di Selva). Per il Pizza si sale per bella strada carrareccia, di sicura origine militare, fino a circa 1200m, dove prende a destra e subito divien sentiero erto ed impegnativo, ma ben segnato e ben tracciato. Dopo aver raggiunto la cresta Est, negli ultimi 100m il sentiero è attrezzato con bella corda da arrampicata, che permette, dopo un breve traverso a sn, la salita di un erto canalino senza troppi problemi. Si giunge ad un goletto, dove si incontra il cartello per la via di discesa. A destra si prosegue per la Croce (attenzione: passaggio esposto), mentre la vera vetta è a sn, ma non indicata, per cui non vi siamo saliti (sono pochi metri), ma lo abbiamo saputo poi guardando la traccia GPS. La discesa è dentro un largo canalone, ma molto erto, su sentiero piuttosto scivoloso e sempre malagevole, anche se, per un breve tratto, aiutato da corda. Usciti dal canalone (200m), verso sn, si entra nel bosco ed il percorso divien tranquillo, fino a raggiungere una casetta, da dove, comunque si prosegue nel bosco e si esce su una carrareccia che si risale verso sn fino alla strada asfaltata di Pissisidolo. Il sentiero, sempre ben segnato, scende comunque senza percorrere la strada fin quasi in fondo. Giunti al Ponte di Selva si torna a Romanterra per stradone.

Corna Pagana (1676m). Benchè le carte indichino con questo nome l’ultimo rilievo della cresta che scende a Nord-Est del Baremone, a 1445m, il Camerini (Prealpi Bresciane) fa notare che originariamente questa denominazione era riferita al punto più alto di tale cresta, subito ad Est del Baremone, e qui siamo saliti. In realtà oggi, a causa del brutto tempo e della neve marcia a basse quote, ci siamo portati in automobile al passo del Marè, dove sorge il rifugio Rosa al Baremone (1418m), da Anfo sul lago d’Idro, e qui abbiamo condotto vari giri esplorativi, del quale il maggiore è stata appunto la salita  a tale cima. Come testimonia la traccia GPS, prima abbiamo condotto una puntata sul sentiero del Meghè, per conoscerlo (non vi siamo mai saliti) e vederne le condizioni (oggi è meglio non salire per il fango in basso e la neve in alto); poi abbiamo raggiunto il Forte di Cima Ora; tornati poi al passo del Marè, siamo scesi per il sentiero indicato e segnato che porta da un lato a Bagolino-Romanterra, dall’altro al passo della Berga ed al Maniva. Dopo una discesa di circa 70m si giunge sul fondo della Valle Lunga (le immagini ne spiegano il nome), che si insinua a sn tra Meghè e Baremone, scendendo a dx su Bagolino. Qui si incontra il bivio che, verso destra, scende a Romanterra, verso sn sale ad un passo tra Baremone e Corna Pagana, per una bella mulattiera militare, che sale con bei tornanti. Al passo, il sentiero prosegue verso sn dietro il Baremone fino a riportarsi sulla strada asfaltata al passo della Berga. Noi, invece, siamo saliti a dx per tracce, tra i mughi e gli arbusti, lungo la cresta fino al punto più alto, da dove si vede il sottostante Bagolino. Al ritorno abbiamo disceso direttamente il canalone, per belle tracce, fino ad intersecare una mulattiera che, pianeggiando, corre lungo tutto il fianco settentrionale della Valle Lunga, sotto le pendici del Baremone, fino a riincontrare la strada al passo della Spina (1521m). Da qui siamo ritornati al passo del Marè per strada asfaltata.

Eremo dei Ss. Gervasio e Protasio (970m). Il viaggiatore che si trovasse a passare il 19 giugno (giorno dedicato ai Ss Gervasio e Protasio), o anche in un altro giorno qualsiasi, purché senza nebbia, per Bagolino, o per salire al Gaver o per altri suoi motivi che a noi poco interessano, non potrebbe non notare, in alto, di fronte al paese, verso Sud, su di un erto dirupo alle falde del monte Pizza, una bianca chiesetta. Passando, come sempre ho fatto io per tanti anni, si chiederebbe: che è mai quel santuarietto, ed in che modo vi si può salire, visto che il monte vi cade tutt’attorno con orrido salto?

Orbene, per soddisfare quella curiosità vi sono salito, approfittando di una giornata semi piovosa e di un ginocchio sfridato, che non mi permette maggiori escursioni. Si tratta dell’Eremo dei Santi Gervasio e Protasio, gemelli milanesi, martiri della fede sotto Diocleziano, figli di S.Vitale e S.Valeria (andando Vitale a prenderli a scuola, diede spunto al nome della basilica di Ravenna di S.Vitale in Classe…mmm…forse leggendario). Si parte dal ponte di Romanterra, salendo per la strada della Berga, già percorsa per salire al Dosso Alto ed al monte Pizza (vedi qui sopra). Dopo qualche tornante, che si può tagliare per mulattiera, si trova la deviazione per l’eremo. Vi porta lassù un bel sentiero, dapprima nel bosco, poi con aspri tornanti scavati nella roccia, ma ben protetto con reti e passamani. Molto bello il posto, suggestivo il santuario e i rustici edifici adiacenti. Purtroppo la chiesetta è chiusa (maledetti vandali che obbligano a tener chiuse le chiese…). Appagante il panorama.

Nel campanile bella campana che può esser suonata, purché con discrezione (altrimenti salgono quelli da basso…)

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